Prima Lettura: Es 22,20-26;
Salmo: Salmo 17 (18);
Seconda Lettura: 1 Ts 1,5c-10;
Vangelo: Mt 22,34-40.
“Il comandamento più grande” (Commento di Fr. Enzo Bianchi – Bose)
Nel brano evangelico odierno leggiamo la terza controversia di Gesù a Gerusalemme La domanda uno degli esperti della Torah pone a Gesù esprime una preoccupazione frequente da parte della tradizione rabbinica del tempo. Se infatti è vero che le parole, i comandamenti per eccellenza di Dio erano dieci (cf. Es 20,1-17; Dt 5,6-21), tuttavia i precetti contenuti nella Torah erano moltissimi, 613 secondo la tradizione dei maestri. Ma tra tanti comandi ve n’era uno più importante degli altri, uno che potesse essere di orientamento per il credente che voleva compiere la volontà di Dio?
Gesù, risponde citando lo Shema‘Jisra’el (cf. Dt 6,4-9), ossia la grande professione di fede nel Signore Dio ripetuta due volte al giorno dal credente ebreo, che si apre con queste parole: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore” (Dt 6,4). Questa preghiera, che per la tradizione ebraica è la preghiera per eccellenza, proclama innanzitutto che Dio è uno e unico, e che ascoltare lui, conoscerlo grazie alla rivelazione, significa aderire a lui e amarlo con tutto il cuore, con tutta la vita, con tutta la mente. La dinamica è chiara: dall’ascolto alla fede, dalla fede alla conoscenza, dalla conoscenza all’amore.
Ma cosa significa questo comando di amare Dio? Come si può amare un Dio che non si vede, che non parla le lingue umane, la cui presenza è elusiva? … Perché amare Dio può anche essere una nostra volontà di amore verso una realtà che noi chiamiamo Dio ma che in realtà è un idolo, una proiezione umana, un nostro manufatto tanto più amato quanto più è opera nostra. Proprio per questo, il nostro amore per Dio può nascere solo dall’averlo prima ascoltato. Ecco il primato dell’ascolto, espresso dalla prima parola dello Shema‘: “Ascolta!”. È ascoltando Dio, rinnovando l’atteggiamento di chi riceve e accoglie la sua parola, che possiamo rinunciare alle immagini di Dio che ci siamo fatti e invece accogliere da lui la conoscenza del suo volto, perché egli stesso alza per noi il velo.
… L’amore del prossimo non è teorico, non è amore in generale per tutta l’umanità, ma è concreto, e la sua forma la dobbiamo decidere ogni volta in modo intelligente e creativo, come richiede l’amore vero, autentico per l’altro. La regola d’oro, “Fa’ agli altri ciò che vuoi sia fatto a te” (cf. Mt 7,12; ma è attestata anche nella sapienza delle genti), chiede poi a ciascuno di determinare ciò che deve essere fatto come “amore efficace”, assumendo la responsabilità dell’amore e anche dei possibili errori in questo cammino. Errori che però mai saranno gravi come il peccato di omissione, di non fare nulla per amare…
Questo vangelo dovrebbe risuonare ai nostri orecchi non come un testo conosciuto e talmente ripetuto che supponiamo di averlo capito una volta per sempre, ma dovrebbe essere un’occasione per esaminare ogni giorno la nostra capacità di amare Dio e il prossimo..
Allegati
· Letture della XXX Domenica del tempo ordinario Anno A
· Udienza di Papa Francesco Mercoledì 25 Ottobre 2017: Il Paradiso meta della nostra speranza
Vi Saluto
Fraternamente
don Meco