Prima Lettura: Is 25,6-10a;
Salmo: Salmo 22 (23);
Seconda Lettura: Fil 4,12-14.19-20;
Vangelo: Mt 22,1-14.
“Gli invitati alle nozze! ” (Commento di Fr. Enzo Bianchi - Bose)
Ecco la terza parabola pronunciata da Gesù nel tempio di Gerusalemme e indirizzata ai capi dei sacerdoti e alle guide religiose che avevano contestato la sua autorità nella predicazione e nell’operare il bene (cf. Mt 21,23-27). Questa parabola è stata a lungo letta nella tradizione cristiana come condanna di Israele, il popolo scelto da Dio, che non avendo riconosciuto in Gesù il Messia inviatogli da Dio stesso, non può che essere castigato insieme alla città di Gerusalemme consegnata alle fiamme e alla distruzione.
Ora, quando Matteo mette per iscritto questo racconto, Gerusalemme è stata distrutta dai romani nel 70 d.C., e tale evento sembrava “autorizzare” l’interpretazione della catastrofe giudaica come punizione inviata da Dio. Ma dobbiamo essere intelligenti e vigilanti: questa parabola, non a caso scritta nel Vangelo e indirizzata alla comunità cristiana, riguarda noi, noi che ci diciamo cristiani, chiamati da Dio personalmente alla fede e al banchetto del Regno. Di fronte a questa chiamata che il Signore sempre rinnova, siamo pronti ad accedere al banchetto, senza dilazioni, o invece opponiamo alla sua parola molte ragioni personali, per non ascoltarla? E se partecipiamo al banchetto, vi andiamo mutando la veste del nostro comportamento, in una vera conversione, o invece finiamo per mentire con ipocrisia, entrando nell’alleanza con il Signore senza aver operato un reale cambiamento del nostro habitus vivendi?
Nella parabola gli invitati rispondono con delle giustificazioni, rifiutando ancora una volta l’invito: hanno campi da lavorare, poderi da sorvegliare, commerci da realizzare… Non solo non rispondono positivamente ma, come offesi da quell’invito reiterato, insultano gli inviati, li cacciano e li perseguitano fino ad ucciderne alcuni! Superficialità, trascuratezza, mancanza di discernimento di chi non stima il dono ricevuto, possono trasformarsi addirittura in violenza e aggressività, quando il dono è rinnovato gratuitamente, ancora e ancora!
Ecco cosa hanno scelto quegli invitati, sordi alla parola del Signore: hanno scelto vie di morte, e ciò viene espresso con uno stile orientale, che ci può anche scandalizzare se non decodifichiamo le parole dette da Gesù come avvertimento, ammonizione per gli ascoltatori. In quest’ottica, il re che manda i servi a distruggere con il fuoco la loro città (Gerusalemme), è una visione ammonitrice, non una realtà avvenuta, perché Dio ha pazienza, non castiga, ma resta pur vero che ognuno sceglie la via della morte o della vita: ciascuno è libero di scegliere verso dove incamminarsi, non è Dio che ve lo destina!
Nella seconda parte poi di fronte al dono immeritato e sorprendente dell’invito al banchetto, di fronte a quel dono dell’abito che significava la sua volontà di “cambiarsi”, di mutare comportamento, l’invitato gli ha opposto un rifiuto. Quell’abito gratuito era un onore per l’ospite, un dono da accogliere con stupore e gratitudine, e invece egli ha detto “no”. Insomma, quest’uomo ha accolto l’invito a nozze, ma poi ha deciso che tale invito non significava nulla per lui e che egli non era assolutamente capace di accettare quel dono: era una persona autosufficiente, stava bene nella sua situazione e non aveva alcun desiderio di mutare. Ecco allora che il re lo butta fuori, non può fare altrimenti. Non la sua indegnità lo ha escluso, ma il suo non discernere il dono, il suo non accogliere la misericordia del Signore. Questa parabola, giocata sulla dialettica tra dono e responsabilità, ci svela una verità che non sempre sappiamo comprendere: la grazia è il dono tra i doni, ma il suo prezzo è l’accoglierla liberamente e per amore. L’abito donato ma rifiutato da quell’invitato significa nient’altro che il prezzo della grazia.
A tutti noi questa parabola pone dunque una semplice domanda. Di fronte alla chiamata di Dio al Regno, chiamata in Gesù Cristo che si rinnova ogni giorno, qual è la mia risposta? Indifferenza, non ascolto o pretesa di una giustizia e di meriti che non possiedo?
Allegati
· Letture della XXVIII Domenica del tempo ordinario Anno A
· Udienza di Papa Francesco Mercoledì 11 Ottobre 2017: Speranza, l’attesa vigilante
Vi Saluto
Fraternamente
don Meco