
Cari Amici,
LETTURE BIBLICHE
Prima Lettura: Sof 2,3;3,12-13;
Salmo: Salmo 145 (146);
Seconda Lettura: 1 Cor 1,26-31;
Vangelo: Mt 5,1-12a.
III Domenica del tempo ordinario anno A:Le beatitudini (Enzo Bianchi Bose).
Il vangelo secondo Matteo, dopo aver testimoniato l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea (cf. Mt 4,17) ci presenta Gesù che agisce come Mosè, quale maestro e liberatore di chi è alienato, in schiavitù. Si tratta del primo dei cinque discorsi di Gesù che Matteo riferisce nella sua opera (cf. Mt 5-7; 10; 13; 18; 24-25).
Siamo di fronte a una scena grande e solenne: seguito dalle folle, Gesù sale sulla montagna e, postosi là a sedere in posizione di maestro, dona il suo insegnamento attraverso un lungo discorso, che è Vangelo, cioè buona notizia per i poveri e gli umili, quei credenti non orgogliosamente autosufficienti i quali non confidano in se stessi ma nel Signore, cercando la sua giustizia e attendendo la salvezza da lui solo. Costoro sono il resto di Israele, secondo lo sguardo di Dio rivelato dai profeti (si veda la prima lettura: Sof 2,3; 3,12-13).
Gesù apre il discorso con alcune acclamazioni ripetute: “Beati!” (makárioi in greco, ’ashré in ebraico). Come tradurre questo grido? Felici? In cammino, secondo la scelta di André Chouraqui? Certo, l’aggettivo “beato” non esclude contraddizioni, fatiche e sofferenze, anzi è indirizzato proprio a chi vive una situazione di bisogno: povertà, pianto, persecuzione…, a chi a caro prezzo rinuncia alla violenza e all’aggressività, rinuncia alla vendetta, alla menzogna e all’ipocrisia del cuore. Beati! Per otto volte risuona questo grido di Gesù, che raggiunge gli ascoltatori chiedendo loro di leggere la propria situazione, di discernere con chi si collocano nel mondo e dunque di convertirsi, di cambiare modo di pensare e di comportarsi. Purtroppo lo dimentichiamo, ma le beatitudini hanno inscritta in sé la necessità urgente della conversione e, attraverso di essa, di conseguire la promessa che fa da cornice alle acclamazioni: “perché di essi è il regno dei cieli”.
Cerchiamo dunque di ascoltare con semplicità le beatitudini, leggendole e rileggendole più volte, nella fede che la parola di Dio contenuta in esse può raggiungere senza commenti il nostro cuore e concederci non una conoscenza intellettuale, ma una sovraconoscenza (epígnosis), nell’adesione a Gesù, nella speranza che solo lui può innestare in noi, nella carità che è il suo Spirito santo effuso nei nostri cuori (cf. Rm 5,5). In questo senso, procediamo con una parafrasi delle beatitudini, per non svuotarle o, peggio ancora, fraintenderne il significato.
Facciamo nostro la riflessione di san Basilio: “Ogni nostra lotta per vivere le beatitudini è stata iniziata da Gesù Cristo stesso, che ce ne ha dato l’esempio”. Sì, è lui il primo a cui sono indirizzate le beatitudini.
Fraternamente
don Meco