VITA CRISTIANA Lettura Domenicale

Tipo Progetto: 
Inizio progetto: 
Novembre, 2016

Cari Amici,

 

LETTURE BIBLICHE 

Prima Lettura:        Is 2,1-5;

Salmo:                     Salmo 121 (122);

Seconda  Lettura: Rm 13,11-14°;

Vangelo:                  Mt 24,37-44.

 

I Domenica d’Avvento anno A.

 

 Alcuni estratti dal commento di Enzo Bianchi

Prima Lettura Isaia 2,1-5

Siamo ancora in attesa della “fine dei giorni”, quando sul monte Sion, in un pellegrinaggio ultimo e definitivo, saliranno tutte le genti. Per ora quel monte, la collina del tempio, è luogo di violenza tra le genti che lo occupano e Israele. Ma verranno i giorni nei quali – come intravede il profeta Isaia – tutte le genti, le lingue e le culture si inviteranno e incoraggeranno a vicenda a convergere verso la presenza del Dio vivente. Allora la parola del Signore risuonerà, sarà ascoltata da tutti e così tutti cercheranno la pace: le armi diventeranno strumenti di lavoro della terra e nessuno imparerà più a fare la guerra, perché regnerà la fraternità.

Seconda lettura Lettera ai Romani 13,11-14 a

L’Apostolo chiede ai cristiani di essere “consapevoli del tempo (kairós)” che vivono. Ora è il momento di svegliarsi, perché la notte è ormai avanzata e si avvicina sempre più velocemente il giorno del Signore. Al discepolo e alla discepola di Cristo è necessario disarmarsi e rivestirsi di luce, cioè rendersi conformi a Gesù Cristo, cercando di vivere la vita umana come lui l’ha vissuta.

Vangelo Mt  24,37-44

Inizia un nuovo anno liturgico nel quale, domenica dopo domenica, ascolteremo il vangelo secondo Matteo. Ma inizio e fine di un anno liturgico possono solo mettere davanti a noi ciò che sta sempre nel nostro futuro: la venuta del Figlio dell’uomo, il nostro incontro con lui. Il nostro Dio è il Signore “che è e che viene” (Ap 4,8), perché è già venuto nella carne fragile e mortale di Gesù, il figlio di Maria morto e risorto, viene in ogni ora nella vita del discepolo per attirarlo a sé, verrà nell’ora dell’esodo di ciascuno di noi da questo mondo, alla fine dei tempi, per introdurci tutti e definitivamente nel suo Regno di pace e di vita piena. Gesù è “il Veniente” (ho erchómenos: Ap 1,4.8; 4,8), e il suo giorno, “il giorno del Signore” (jom ’Adonaj, kyriakè heméra), sarà la parousía, la manifestazione ultima e definitiva.

In ogni caso, di fronte a questo vangelo – dobbiamo confessarlo – la comunità cristiana prova sentimenti di imbarazzo: esita a essere convinta che il Signore viene nella gloria, non pensa che ci sia veramente una fine del tempo e non ha più nel cuore il desiderio bruciante di vedere il Signore. Come diceva Ignazio Silone: “I cristiani dicono di attendere il Signore, e lo aspettano come si aspetta il tram!”. Eppure basterebbe essere più attenti nel leggere la vita che trascorre, la propria e quella degli altri accanto a noi, per renderci conto come ogni giorno, se non siamo distratti, inesorabilmente siamo ricondotti all’evento che ci attende: l’incontro con il Signore. Siamo ricondotti a comprendere che noi, pur vagabondi e mendicanti sulla terra per un pugno di anni – “settanta, ottanta se ci sono le forze” (Sal 90,10) –, in quel giorno avremo bisogno solo della misericordia del Signore.

Fraternamente

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