Cari Amici,
LETTURE BIBLICHE
Prima Lettura: Dt 30,10-14c;
Salmo: Salmo 18 (19);
Seconda Lettura: Col 1,15-20;
Vangelo: Lc 10,25-37.
XV Domenica del tempo ordinario – Anno C . Qualche spunto di riflessione dal commento di Enzo Bianchi, priore di Bose
Il brano evangelico di questa domenica ci mette in guardia dal pensare che la misericordia sia solo un sentimento, una commozione profonda che ci coinvolge alle viscere e al cuore. Certamente essa è originata da tale sentimento, ma deve poi tradursi in un’azione, in un comportamento, in un fare misericordia. L’insistenza in questa pagina sul verbo “fare”, e in particolare la risposta finale del dottore della Legge (“Chi ha faro misericordia”), seguita dall’approvazione di Gesù (“Va’ e anche tu fa’ così”), ci illuminano su questa pratica della carità verso i nostri fratelli e le nostre sorelle.
Stiamo sempre seguendo Gesù nella sua salita a Gerusalemme, ed ecco un altro incontro: questa volta tra Gesù e un dottore della Legge, un giurista (nomikós) che vuole mettere alla prova Gesù…. Gli pone quindi una domanda classica, tipica di ogni persona e di ogni tempo: “Che fare?”; domanda che nello spazio religioso dell’ebraismo risuona con un’aggiunta: “Che fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli risponde con una contro-domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”, cercando in questo modo di portarlo a esprimersi in prima persona. Continua ad interrogarlo: “E chi è il mio prossimo?”. Ancora una volta Gesù non risponde direttamente perché, se acconsentisse alla domanda del suo interlocutore, dovrebbe dare una definizione del prossimo e così situarsi all’interno della casistica degli scribi e dei farisei, ai quali il dottore della Legge appartiene. No, il prossimo non può essere rinchiuso in una definizione, perché in verità è colui che ognuno di noi decide di rendere prossimo avvicinandosi a lui. Ecco perché racconta Gesù una parabola, aggiungendovi alla fine un’altra contro-domanda.
Ciò che sorprende nella parabola è che al sacerdote e al levita, i tipici religiosi, Gesù oppone un samaritano, l’antitipo, cioè il perfetto contrario dei due osservanti e puri giudei. I samaritani, infatti, erano considerati gente impura, scismatica ed eretica, detestata dai giudei e sempre in lotta contro di loro. Insomma, un samaritano era certamente la persona più disprezzata dai giudei… ma proprio lui Gesù pone come esemplare: questo è troppo! Anche il samaritano, passando su quella strada, vede, e per vedere bene si avvicina, si fa prossimo all’uomo ferito: allora, volto contro volto, il samaritano è commosso nelle viscere, sente salire dalle sue profondità un sentimento di compassione, di sdegno, di pietà. La misericordia è questo sentimento viscerale, materno, che in realtà raduna tanti sentimenti e come una pulsione sale dalle nostre viscere, facendosi sentire come sofferenza, con-sofferenza con chi è nel bisogno. Dal sentimento nasce l’azione si prende cura dell’uomo ferito dai banditi fino al possibile esito positivo: fa tutto quello che può.
Allora Gesù alla fine della parabola Gesù dunque conclude: “Va’ e anche tu fa’ così”, cioè fa’ misericordia, ovvero guarda bene, con discernimento, avvicinati, fatti prossimo, senti una compassione viscerale e fa’ misericordia nel prenderti cura del bisognoso. Non esiste il prossimo: il prossimo è colui che io decido di rendere vicino.
Fraternamente
don Meco