VITA CRISTIANA Lettura Domenicale

Cari Amici,

 

LETTURE BIBLICHE 

Prima Lettura:      1 Re 17,17-24;

Salmo:                    Salmo 29 (30);

Seconda  Lettura:  Gal 1,11-19;

Vangelo:                 Lc 7,11-17.

 

X Domenica del tempo ordinario Anno C Ecco alcune riflessioni di Enzo Bianchi

Rientrati nel tempo per annum, riprendiamo l’ascolto liturgico della lettura cursiva del vangelo secondo Luca al capitolo 7, quando Gesù, dopo il “discorso della pianura” (cf. Lc 6,20-49) torna a operare segni messianici di liberazione dal peccato, dalla malattia e della morte. Ed ecco un’azione messianica compiuta da Gesù, la resurrezione di un ragazzo. Mentre egli si sta recando a Nain, attorniato dai suoi discepoli e da una folla di simpatizzanti, incontra un altro corteo, che sta accompagnando alla sepoltura un morto, “il figlio unico di una madre rimasta vedova”. La sofferenza è grande per questa donna che, oltre ad aver perso gli affetti più cari, non ha più alcuna protezione per il futuro: la sua vita è ormai triste e molto precaria. Da ebrea, ella sa che Dio protegge la vedova (cf. Sal 145,9), dunque che nella sua condizione ha il Signore come sostegno e vendicatore, ma questa convinzione di fede non può rimuovere il suo dolore. La donna piange e il pianto è sempre un’invocazione, un’altra forma di grido, una manifestazione del proprio incontenibile dolore.

Ma ecco l’incontro inatteso con Gesù, che arresta il suo cammino, ferma il corteo, tocca la bara e dice alla donna: “Non piangere!”. Egli fa questo – attesta Luca in questo episodio che lui solo riporta – perché nel vedere tale situazione è preso alle viscere, si sente stringere le viscere, prova un sentimento, una pulsione profonda che è insieme commozione, fremito, compassione (esplanchnísthe). La vista della sofferenza desta in noi tutti, se non passiamo oltre e non siamo induriti di cuore, una pulsione alla quale non resistiamo, perché s’impone a noi come richiesta di partecipazione alla sofferenza. Gesù, che sempre guarda, vede, discerne e si avvicina, si fa prossimo (cf. Lc 10,36), prova anch’egli questa emozione profonda, ma con l’autorevolezza del Kýrios, del Signore, dice alla donna: “Non piangere!”. La consola, le dà speranza, non usa molte parole, dice l’essenziale, sapendo che il dolore non sopporta troppi discorsi!

Ebbene, la parola autorevole ed efficace di Gesù ha il potere di chiamare a vita nuova, di far indietreggiare la morte e di vincere ogni contraddizione alla vera vita. E così il morto si rialza e comincia a parlare: riprende la sua postura di uomo eretto, in piedi, e torna nuovamente a comunicare con gli altri.

Tutti continuano a morire, come al tempo di Gesù, come in ogni tempo, ed egli ne ha risuscitati solo pochi, per darci un segno profetico, escatologico: un giorno, quando “non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap  21,4), tutti risorgeranno, cioè vivranno una vita in Dio per sempre. Questo evento finale è in corso: Gesù è venuto come grande profeta, in lui Dio ha visitato il suo popolo, e presto compirà la visita ultima, definitiva e gloriosa. Allora finalmente Cristo, il Signore vincitore della morte (cf. 2Ti 1,10), darà la vita eterna e divina a tutti i figli e le figlie di Dio.

 

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