Cari Amici,
LETTURE BIBLICHE
Prima Lettura: Pr 8,22-31;
Salmo: Salmo 8;
Seconda Lettura: Rm 5,1-5;
Vangelo: Gv 16,12-15.
Oggi è la festa della Santissima Trinità…..Ecco alcune riflessioni di Enzo Bianchi
È la festa cosiddetta della Trinità, fissata dalla chiesa la prima domenica dopo la Pentecoste: una festa “strana”, perché non è memoriale di un evento della vita di Cristo, ma piuttosto una confessione e una celebrazione dogmatica dovuta ai concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). Nelle Scritture vi è dunque il racconto del mistero di Dio, comunione di vita e di amore, ma mai appare la parola Trinità – anzi, sarebbe meglio dire Tri-unità –, termine proveniente dalla lingua greca, razionale e astratta: Dio si è rivelato mediante eventi e azioni, non con formule dottrinali. Noi cattolici però, in obbedienza all’intenzione della chiesa, celebriamo questa festa ascoltando i testi biblici nei quali troviamo la parola di Dio, e ci fermiamo a questo. Gesù, che ha insegnato per anni ai suoi discepoli e che nel quarto vangelo si attarda a lasciare loro le sue ultime volontà, a un certo punto deve confessare: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso” (letteralmente: “portarle”). Anche Gesù ha fatto l’esperienza del desiderio di comunicare molte cose ma di rendersi conto che l’altro, gli altri non sono in grado di condividerle, di comprenderle, di portarle dentro di sé. In ogni relazione – lo sperimentiamo quotidianamente – l’assiduità provoca una crescita di conoscenza, l’ascolto e le parole scambiate permettono una maggior comunicazione con l’altro, ma a volte ci si trova di fronte a dei limiti che non si possono oltrepassare. L’altro non può comprendere, non può accogliere ciò che si dice, e addirittura comunicargli delle verità può diventare imprudente, a volte non opportuno. Si manifesta il limite, una barriera che può anche far soffrire ma che va accettata. Anzi, occorre non solo sottomettersi a essa, ma addirittura arrivare alla resa: non si può né si deve comunicare di più…Dovremmo cioè prestare più attenzione alle vicende di Gesù e dei suoi discepoli, leggendole non solo come fatti del passato ma anche come tracce sulle quali camminiamo ancora oggi. La nostra fede non è statica, non ci è data una volta per tutte come un tesoro da conservare gelosamente, ma è come un dono che cresce nelle nostre mani. Sì, la verità che ci è stata consegnata progredisce in approfondimento e in estensione, e per molti aspetti la chiesa di oggi, come quella di ieri, conosce ciò che è essenziale alla salvezza; ma la chiesa di oggi conosce di più e comprende il Vangelo stesso in modo più approfondito. Non è il Vangelo che cambia ma siamo noi oggi a comprenderlo meglio di ieri – come diceva papa Giovanni –, meglio anche dei padri della chiesa. Le parole di Gesù sullo Spirito santo, dunque, in realtà ci indicano il Padre, Dio, perché il Padre e il Figlio hanno tutto in comune: il Figlio è la Parola emessa dal Padre e lo Spirito è il Soffio di Dio che consente di emettere la Parola. È in questo modo che Giovanni, attraverso le parole di Gesù, ci accompagna a intravedere il nostro Dio come Padre, Figlio e Spirito santo: un Dio che è intimamente comunione plurale, un Dio che è comunione d’amore, un Dio che nel Figlio si è unito alla nostra umanità e attraverso lo Spirito santo è costantemente trascinato in questa comunione di vita.
Fraternamente
don Meco