LUTTO – MORTO IL PRETE DEI RAGAZZI IN CARCERE

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LA VOCE E IL TEMPO

LUTTO – MORTO IL PRETE DEI RAGAZZI IN CARCERE
di Marina Lomunno
L’addio a don Ricca
Nella Basilica di Maria Ausilatrice, gremita di fedeli, sono stati celebrati mercoledì 6 marzo i funerali di don Domenico Ricca, salesiano, per decenni cappellano del carcere minorile Ferrante
Aporti

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LUTTO A TORINO – FU A LUNGO CAPPELLANO AL FERRANTE APORTI, FOLLA AI FUNERALI

Addio a don Ricca,
il prete amico
dei ragazzi in carcere
Cosa dire del
nostro caro
confratello
don Mecu?
È difficile
perché non
si può ridurre
la vita di una persona a
poche righe. Ma scelgo un
aspetto tra i tanti. Il nostro
padre don Bosco aveva conosciuto
la dura realtà del carcere
accanto al suo maestro
e guida spirituale san Giuseppe
Cafasso e ha vissuto
alla ‘Generala’ (oggi l’Istituto
penale minorile ‘Ferrante
Aporti’) per dire al Signore
che avrebbe fatto tutto il possibile
per evitare che i ragazzi
arrivassero in carcere. Così
don Bosco ha fondato il primo
oratorio a Valdocco e di
lì è partito tutto. Oggi noi
diciamo a Dio a un figlio di
don Bosco, il nostro caro don
Mecu, che ha speso tutta la
sua vita di salesiano per accompagnare
i giovani finiti
al ‘Ferrante’ dove don Bosco
e tutti noi non avremmo mai
voluto entrassero. Don Mecu
ha amato veramente i giovani,
soprattutto quelli più fragili
e lo ha fatto per amore al
Signore Gesù e con un cuore
che imitava quello di don Bosco
». Sono parole del Rettor
Maggiore dei Salesiani, card.
Ángel Fernández Artime che,
appena appresa la notizia
della morte, sabato 2 febbraio
a 77 anni, di don Domenico
Ricca (per tutti Mecu)
ci ha scritto un ricordo dello
storico cappellano del «Ferrante
». Sacerdote dal 1975,
cappellano al «Ferrante» dal
1979 per oltre 40 anni, don
Mecu – ha sottolineato don
Leonardo Mancini, Ispettore
dei salesiani del Piemonte
e della Valle d’Aosta che ha
presieduto (accanto a don
Luigi Ciotti, mons. Giuseppe
Anfossi, Vescovo emerito
di Aosta e don Mauro Zanini
direttore a Valdocco della
Comunità San Francesco di
Sales e a oltre 100 sacerdoti)
mercoledì 6 la Messa funebre
nella Basilica gremita di
fedeli - «è stato un punto di
riferimento a Torino e non
solo per tutti coloro che si
occupano di disagio giovanile
». E che erano presenti
in Basilica sia al rosario che
alle esequie tra cui il procuratore
dei Minorenni Emma
Avezzù, il neo direttore del
«Ferrante» Giuseppe Carro,
l’ex direttrice Gabriella Picco
(«eri il cappellano di tutti, al
Ferrante tutto parla di te»).
E poi Gianna Pentenero assessore
torinese con delega
al Carcere in rappresentanza
del Sindaco, il direttore del
«Lorusso e Cutugno» (che
per alcuni anni ha diretto il
«Ferrante») Elena Lombardi
Vallauri, il giudice minorile
Ennio Tomaselli e i garanti
dei detenuti di Regione Bruno
Mellano e Comune Monica
Gallo.
Don Ricca era «prete di strada
come devono essere i
salesiani» ha ricordato don
Francesco Preite, presidente
di Salesiani per il Sociale (di
cui Mecu fu tra gli ideatori).
Amico di don Ciotti, don
Ricca fu tra i fondatori prima
della cooperativa sociale
Valdocco, dell’associazione
«Aporti Aperte» e del Comitato
piemontese del Forum
del Terzo Settore, presidente
dell’Associazione Amici di
don Bosco per le adozioni internazionale,
delegato per le
Acli e molto altro. Società civile
e mondo del volontariato
che hanno reso omaggio ad
un prete che amava «chi ha
avuto di meno» come lo era
don Bosco che proprio alla
«Generala» inventa il suo sistema
preventivo e gli oratori
visitando i «giovani discoli
e pericolanti» della Torino
dell’Ottocento, che somiglia
molto alle periferie di oggi,
che frequentavano i santi sociali.
Ed è per questo che da
allora i cappellani del «Ferrante
» sono salesiani. Come
don Mecu che ha speso tutta
la sua vita di prete con i giovani
reclusi come don Bosco
voleva i suoi salesiani, preti
da oratorio, preti da cortile.
«In ogni giovane, anche il
più disgraziato, c’è un punto
accessibile al bene e dovere
primo dell’educatore è di
cercare questo punto, questa
corda sensibile del cuore e di
trarne profitto» era convinto
don Bosco. Per tutti don Ricca
aveva una parola di incoraggiamento,
in tutti i suoi
giovani riusciva a trovare
«quel punto accessibile», anche
in quelli nati nella «culla
sbagliata» come era solito
dire.
Chi scrive ha avuto il privilegio
di raccontare in una
lunga intervista, in occasione
del 200° della nascita di don
Bosco, come don Ricca declinava
il suo essere salesiano
con i giovani detenuti. Per
questo ha scelto di intitolare
il libro sulla sua esperienza di
salesiano al carcere minorile
torinese (i cui proventi dei
diritti d’autore sono devoluti
interamente per borse di
studio e lavoro per i ragazzi
ristretti) «Il cortile dietro
le sbarre: il mio oratorio al
Ferrante Aporti» (Marina
Lomunno, Elledici, Torino
2015). Perché è lo stile del
sacerdote da oratorio con cui
don Mecu stava al Ferrante
come ha imparato da giovane
prete, a stare in cortile, informalmente
a chiacchierare
con i ragazzi, anche quando
i giovani ristretti si erano
macchiati di reati gravi (don
Ricca fu anche tutore di Erika,
la giovane di Novi Ligure
che con il fidanzatino Omar
riempì le cronache per molti
mesi nel 2001).
Memorabile nel 2015, quando
Papa Francesco venne a
Torino per la sua visita apostolica
in occasione dei 200
anni dalla nascita di don Bosco,
fu il pranzo in Arcivescovado
con mons. Nosiglia. Il
Papa chiese di stare a tavola
con alcune famiglie fragili e i
minori detenuti e don Ricca
portò i suoi ragazzi che donarono
a Francesco una maglietta
con tutte le loro firme
che il Papa autografò…
In una recente intervista per
«La Voce e il Tempo» chiesi
a don Ricca come oggi don
Bosco accosterebbe i «giovani
pericolanti». Ecco la sua risposta:
«Don Bosco tornerebbe in
prigione, tornerebbe alla Generala…
si inventerebbe l’uso
dei social. Creerebbe gruppi
su Whatsapp e Instagram!
È la lezione di don Milani: le
forme sono del tempo, ma
quello che ci ha lasciato è la
voglia di rischiare, di chiedere
di più, di non sedersi. Don
Bosco manderebbe in carcere
i suoi preti e chierici più ardimentosi,
giovani, li sosterrebbe
anche nelle loro intemperanze.
Ma soprattutto sarebbe
padre, amico e fratello dei
ragazzi reclusi e ripeterebbe
anche oggi il suo monito
«Amateli i ragazzi. Si otterrà
di più con uno sguardo di
carità, con una parola di incoraggiamento
che con molti
rimproveri» perché «tutti i
giovani hanno i loro giorni
pericolosi, e voi anche li avete.
Guai se non ci studieremo
di aiutarli a passarli in fretta e
senza rimprovero».
Don Mecu è stato seppellito
a Mellea di Fossano dove era
nato il 31 agosto 1946. Lascia
una sorella suora di San Giuseppe
e tre fratelli.

Marina LOMUNNO