COMUNICATO STAMPA
ACLI Torino[1] – Associazione Slaves No More[2]
Presentano:
Donne gravemente sfruttate. Il diritto di essere protagoniste
Rapporto 2022
Il 9 febbraio 2023 alle 10,00, presso la Sala della Trasparenza della Regione Piemonte, in piazza Castello 165, su iniziativa delle ACLI di Torino e dell’Associazione Slaves No More, viene presentato il primo Rapporto sullo sfruttamento delle donne, nel lavoro domestico e di cura, nell’agricoltura e nell’ambito del fenomeno migratorio, promosso dall’Associazione Slaves No More.
L’obbiettivo è, attraverso questa occasione, affrontare temi e problematiche rilevanti e attuali mettendo in dialogo i diversi attori istituzionali che operano nel territorio torinese.
Interverranno infatti nella prima parte dell’incontro i rappresentanti delle Istituzioni Alberto Cirio, Presidente Regione Piemonte, Valentina Cera, Consigliera Città Metropolitana con delega politiche sociali e di parità e Jacopo Rosatelli, Assessore Politiche Sociali Città di Torino e, nella seconda parte, si entrerà nel vivo degli argomenti con gli interventi introduttivi di Raffaella Dispenza, presidente ACLI Città Metropolitana di Torino APS e Francesco Carchedi, sociologo Università La Sapienza Roma, membro Direttivo associazione Slaves no more, che presenterà i contenuti del Rapporto 2022.
Seguirà un focus dedicato alle dinamiche e alle azioni messe in campo nel territorio torinese con contributi di: Osvaldo Milanesio, Dirigente Settore Politiche per le pari opportunità, diritti ed inclusione, progettazione ed innovazione sociale, Donatella Demo, Resp. Coord. madre-bambino, Gruppo Volontariato Vincenziano Torino, Michela Quagliano, Consigliera di parità della Città Metropolitana di Torino, Cristina Maccari, Segretaria CISL Torino-Canavese, Roberto Santoro, Presidente ENAIP Piemonte.
Le conclusioni sono affidate a Pino Gulia, Presidente associazione Slaves No More.
“Nel ringraziare il Presidente della Regione Piemonte per l’attenzione dimostrata verso questa problematica e per aver concesso il patrocinio della Regione e l’utilizzo della Sala istituzionale per questa evento, - sottolinea Pino Gulia, Presidente di Slaves No More – l’associazione ha voluto confermare, con questa iniziativa promossa insieme alle ACLI di Torino, il metodo del dialogo aperto tra riferimenti ideologici differenti, per fare emergere la drammatica situazione di sfruttamento in cui vivono molte donne, di cui una gran parte di origine straniera”. E aggiunge: “Il Rapporto dà conto di una carenza giuridica e di una disattenzione sociologica su un fenomeno che evidenzia da un lato un persistente maschilismo, e dall’altro un’elevata discriminazione di genere”.
“L’iniziativa – aggiunge Raffaella Dispenza Presidente ACLI Torino – si inserisce nell’ambito di un filone di lavoro che le ACLI portano avanti sul tema delle disuguaglianze e delle fragilità, questa volta attraverso la lente femminile, una prospettiva interessante anche per contestualizzare e rilanciare l’azione quotidiana di tutela, di accompagnamento e di contrasto alle discriminazioni che svolgiamo come ACLI sul territorio sia attraverso i servizi sia attraverso le progettualità dell’associazione e della sua rete di circoli. È importante continuare a tenere alta l’attenzione su questi temi e, nel contempo, fare quel lavoro quotidiano di tessitura e ricomposizione delle conflittualità spesso correlate a situazioni di sfruttamento, emarginazione e illegalità”.
[1] Le ACLI di Torino sono un’associazione di promozione sociale che opera come articolazione territoriale delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), con compiti di rappresentanza, promozione e programmazione di tutte le attività e iniziative a livello locale. Una rete di associazioni e enti che offre servizi, occasioni formative e aggregative, consulenze e spazi per attività ricreative, culturali e sportive.
[2]L’Associazione si batte contro ogni forma di violenza sulle donne. In particolare sta a fianco di donne e ragazze vittime di tratta e di conseguente sfruttamento sessuale e lavorativo, con la finalità di ridare loro dignità e legalità. L’Associazione lavora in rete con altre realtà, enti, associazioni, Istituzioni, a livello italiano e internazionale, per costruire percorsi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questa problematica e di stimolo della politica per soluzioni normativi atte a contrastare il fenomeno.
===================================================
IL RAPPORTO 2022 IN SINTESI
I lavori delle donne, e in particolare quelli delle donne migranti, sono caratterizzati da un alto tasso di precarietà, informalità e irregolarità. Quello delle donne è un bacino enorme di “sfruttamento strutturale” che, almeno tendenzialmente, coincide con l’intera area del lavoro femminile. All’interno di questo grande bacino, il Rapporto si sofferma sulle forme di sfruttamento più gravi, lesive di diritti fondamentali, con potenziali conseguenze sulla vita, la salute, la genitorialità, le relazioni, l’inclusione sociale di tante donne. I dati sull’economia informale nel nostro paese sono insufficienti e non consentono neanche di produrre stime metodologicamente significative. Ma il numero delle donne gravemente sfruttate è certamente considerevole, se pensiamo che solo in agricoltura, secondo l’ipotesi più accreditata, si tratta di non meno di 50.000 lavoratrici. Per quanto riguarda il lavoro domestico e di cura, il 70% di coloro che lo svolgono sono migranti. Il settore presenta secondo l’ISTAT un tasso di irregolarità del 57%, a fronte di una media nazionale del 12,6%. A causa delle difficoltà di essere in regola con il permesso di soggiorno, a fronte di un numero di colf e badanti registrate all’INPS di 920.000, si stima che il totale delle impiegate e impiegati nel settore si aggiri sui 2,1 milioni secondo l’Osservatorio Domina. In quest’area di irregolarità possono celarsi le forme più gravi di sfruttamento. Elementi caratterizzanti dello sfruttamento lavorativo delle donne sono la sottoposizione sistematica a molestie, ricatti e violenze sessuali, la dipendenza dal datore di lavoro, specie nel caso in cui la lavoratrice domestica abiti nella stessa casa, o in cui la lavoratrice agricola viva in un’abitazione messa a disposizione dal datore o dal caporale. Inoltre quando le donne riescono ad avere con sé i figli, le responsabilità di cura sono spesso un ulteriore fattore di vulnerabilità, e una delle ragioni per cui talvolta le donne sono costrette a sottostare ai ricatti sessuali di caporali e datori di lavoro. Altro elemento caratterizzante il grave sfruttamento delle donne è la scarsa o inesistente soggettività contrattuale, dovuta in parte alla dipendenza dai caporali, e in parte ai condizionamenti familiari. In alcuni settori esiste inoltre un consistente gap salariale tra donne e uomini, pur nella comune condizione di sfruttamento. In agricoltura, ad esempio, in alcune zone una donna percepisce 25-28 euro al giorno, mentre un uomo può arrivare a 40. Il grave sfruttamento femminile, infine, comporta talvolta il transito da una forma di sfruttamento all’altra, tipicamente dallo sfruttamento sessuale allo sfruttamento lavorativo e viceversa. Alcune donne svolgono entrambi per guadagnare di più e ripagare più velocemente il debito contratto con i trafficanti. Si verificano anche casi di sfruttamento lavorativo emersi a seguito della denuncia di violenza domestica subita dalla lavoratrice ad opera del partner, il che mostra l’intreccio di sfruttamento e violenza nell’esperienza femminile. Lo sfruttamento sessuale ha dimensioni enormi. Si tratta di una delle forme più coercitive di sfruttamento delle donne, che raggiunge punte di violenza sistematica nel caso delle persone LGBT+, soprattutto di provenienza brasiliana. Il Rapporto si sofferma su alcune tendenze recenti, in particolare la prostituzione indoor e gli annunci online. La ricerca ha riguardato 200 siti web attivi in tutta Italia. Il business che ne scaturisce, secondo stime ISTAT del 2021, è di 4,7 miliardi di euro, un volume di affari doppio rispetto all’intero settore alberghiero. Il sottotitolo del volume è “Il diritto di essere protagoniste”, poiché la ricerca si sottrae a una rappresentazione vittimistica, mettendo in evidenzia l’agency delle donne, le loro competenze, la loro capacità di prendere decisioni importanti sul proprio futuro e su quello delle loro famiglie pur nella condizione di sfruttamento, le potenzialità di sindacalizzazione e di auto-organizzazione.
|